lunedì, febbraio 13, 2006

Antipasto Mondiale

Sono curioso di vedere in quale misura le vicende del mondiale di Germania copriranno quelle dello scandalo che ha sommerso il nostro calcio. Mi commuove l'ostinazione con la quale arbitri e designatori negano l'evidenza sostenendo la regolarità dei sorteggi. Probabilmente sono stati consigliati in questo senso dai loro legali, il cui compito non è quello di salvare la reputazione dei loro assistiti ma quello di evitare condanne e squalifiche anche se non vedo quale futuro possano avere nel calcio coloro che sono stati presi con le mani nel cassetto e la bocca sporca di marmellata.C'è una frase emblematica e significativa che ho letto in questi giorni. L'ha pronunciata un impiegato della Federcalcio, definito superteste, il quale avrebbe dichiarato, spiegando perché ha finalmente deciso di rivelarsi: "non si può vivere nel terrore per mille euro al mese !"In attesa di sapere se lo ascolteranno e che cosa dirà, mi chiedo quale dovrebbe essere il prezzo del silenzio. "duemila euro al mese, cinquemila, un'automobile ?"Capisco che sto facendo dello sterile moralismo. La storia insegna che c'è un prezzo per tutto e che nessuno è incorruttibile, figuriamoci un anonimo impiegato di una Federazione, ma mi spaventa lo stesso capire che il meccanismo diabolico inventato o perfezionato da Moggi abbia potuto resistere a tanti occhi, senza che nessuno abbia sentito il dovere di ribellarsi.Da tutta questa vicenda si conferma una vecchia verità e cioè che è più facile essere (o apparire) intelligenti se si decide di non rispettare certe regole, della legge, dell'etica o di un regolamento qualsiasi.Di Luciano Moggi si può dire tutto quello che si vuole ma nessuno potrà mai metterne in dubbio la furbizia e la conoscenza dell'ambiente. Se l'indagine sul doping non avesse indotto Guariniello ed i suoi collaboratori a mettere sotto controllo i telefoni di alcuni addetti ai lavori probabilmente Moggi, se avesse voluto lasciare la Juventus, avrebbe potuto ottenere un contratto milionario da molti altri club, Milan e Inter compresi, malgrado le postume smentite.Allo stesso modo mi chiedo quale quadro sarebbe scaturito da controlli sistematici sui telefoni di tutti gli operatori del calcio, dai dirigenti agli arbitri, passando per i giornalisti che, è meglio dirlo senza inutili ipocrisie, non escono benissimo, come categoria, da questa storia.Tuttavia non si può accettare la teoria di rendere accettabile il sistema perché "lo facevano tutti" che è un altro modo di applicare la famosa regola :"tutti colpevoli, nessun colpevole". Non mi piace nemmeno l'atteggiamnento di coloro che condannano il sistema dell'intercettazione e che difendono ad ogni costo la famosa "privacy". Si può essere d'accordo sull'opportunità di non divulgare, tra le intercettazioni, i dettagli che non riguardano la sostanza . Se un dirigente invita un (una) giornalista a Parigi ed il (la) giornalista accetta non è buon comportamento professionale, ma non ha alcuna rilevanza, se al contrario ad un operatore televisivo si chiede di non far vedere un episodio o di dimensionarne la portata la cosa è grave ed è giusto che si sappia.C'è un altro atteggiamento, abbastanza generalizzato, sul quale non sono d'accordo. Sono sicuro che saranno in tanti ad esclamare, ora che è iniziato il mondiale, "finalmente il calcio giocato." Se è giusto e bello che i bambini credano alla Befana bisogna poi prendere atto che i bambini crescono e che agli adulti non si possono raccontare le favole, bello brutte che siano. Per giunta quella del nostro calcio è una favola bruttissima.

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