giovedì, aprile 20, 2006

Mazzin

Quelle sere, si usciva dall’albergo nel silenzio delle valle, solo alte vette sopra di noi ad orlare il cielo. Non so descrivere la magia e l’intimità di quei luoghi montani e di quei momenti, solo il profumo delle alpi è mio ricordo, il rumore del fiume scorrere, non altro. Come ai primi movimenti di un sentimento, le parole lassù acquisivano un’eco, rimbombavano, dilatavano la loro portata, il loro significato, andavano oltre; parole elegiache e sole, belle solamente a pronunciarle.
Trascorrevamo spesso il buio su panche di legno, al limitare delle pinete, ora tirando sassi in un lavatoio, ora ripercorrendo la strada quotidiana. I chilometri rotolavano veloci sotto i nostri cerchi, tanto nei mattini freschi, quanto nei pomeriggi assolati; talvolta ci sorprendevano grandi nubi gonfie d’acqua e malinconia, e le risalite si facevano più faticose e le planate più infìde. Rovistando tra i ricordi c’era anche una chitarra, sino in cima ai boschi la ricordo accompagnare falò improvvisati. E mentre bruciavano vecchie scope rubate qua e la’, bruciavano con loro i nostri pensieri, le nostre amarezze, l'anima della montagna rimaneva nuda nel suo splendente e notturno fascino. Altere giornate passate a trastullarci con gli accordi di Neil Young, a rendere estati come inverni. La musica di Neil Young può far perdere la sicura strada del ritorno, può far perdere le tracce di noi, farci ammalare di una malattia dolce quanto insidiosa. Le notturne ballate non covavano solo riflessioni bucoliche, ma ombre lunghe nella notte e la brace amara del mattino.
Per le strade di quel paesino spesso potevo vedere la sagoma fuggevole di Neil Young vegliare su di noi, calare con la sera su balconi di legni e semplici pietre, a volte riparato dietro la fermata della corriera, a volte seduto su di una staccionata, altre coricato ad ascoltare una fontana.

Nessun commento: